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Come trasformare la passione per l’arte in una startup quotata: intervista a Deodato Salafia

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Intervista integrale di Financ&youth con Deodato Salafia

@Financ&youth
19 Maggio, 2025

L’evento Experience 06.05 si è svolto presso la Deodato Arte Gallery, una realtà fondata nel 2010 da  Deodato Salafia, informatico e teologo di formazione. La galleria si distingue per la sua filosofia di  trasparenza e accessibilità, rendendo l’arte fruibile a un pubblico ampio e diversificato. Con sedi in  diverse città italiane ed europee, tra cui Milano, Roma, Padova, Pietrasanta, Courmayeur e St. Moritz,  Deodato Arte è diventata un punto di riferimento nel panorama dell’arte contemporanea, con  particolare attenzione alla Pop e Street Art. 

Durante l’evento, Financ&youth ha intervistato Deodato Salafia per approfondire il suo percorso e la  visione che ha guidato la trasformazione della galleria in un’impresa digitale e internazionale.

“L’arte va scelta perché ci piace, perché ci emoziona, perché ci dà un dividendo emotivo quotidiano”

Hai trasformato l’arte in un’impresa digitale e internazionale. Qual è stato il momento di svolta in cui hai intuito che era possibile coniugare creatività artistica, innovazione tecnologica e sostenibilità economica?
Per oltre dieci anni, l’arte per me è stata un hobby, anche se avevo già lanciato un sito web. A un certo punto, ho deciso di trasformarlo in un e-commerce. Applicando alcune tecniche specifiche, sono arrivato a ricevere 20-25 contatti al giorno. Poi, la notte del 31 dicembre, ho effettuato una modifica strategica al sito e, improvvisamente, i contatti sono saliti a oltre 100 al giorno. In quel momento ho capito che esisteva un potenziale di scalabilità reale. È stato il primo vero segnale che la creatività artistica poteva integrarsi con la tecnologia e diventare un'impresa sostenibile.
Deodato Gallery Spa è passata da startup a società quotata su Euronext Growth Milan. Quali sono stati gli snodi strategici più delicati di questo percorso e che cosa consiglieresti a chi ambisce a fare un salto analogo?
Il percorso che ha portato Deodato Gallery Spa da startup a società quotata su Euronext Growth Milan è stato, tutto sommato, lineare. La fase della quotazione, però, è stata piuttosto impegnativa. Non ti raccontano tutto quello che dovresti sapere: per esempio, quanto sia fondamentale avere bilanci certificati da molti anni per affrontare lo stress test richiesto. Gli ultimi due anni non sono stati facili per il mercato, ma nel complesso il percorso è stato fluido. Detto ciò, ci tengo a precisare: siamo ancora una startup. C'è ancora molto da costruire.
Nel costruire un gruppo imprenditoriale che unisce arte, tecnologia e internazionalizzazione, quali competenze ritieni oggi imprescindibili per un professionista che voglia operare in mercati ibridi e complessi come il tuo?
Nel costruire un’impresa che unisce arte, tecnologia e internazionalizzazione, ho imparato che ci sono quattro competenze imprescindibili: umiltà, conoscenza tecnologica, capacità di leggere i bilanci e competenze di marketing. Io ho una laurea in informatica, che mi ha aiutato molto, ma oggi chiunque può formarsi. L’umiltà, però, resta la base: se c’è quella, il resto si può imparare.
L’arte contemporanea è oggi sempre più considerata un’asset class alternativa per la diversificazione degli investimenti. In base alla tua esperienza, quali sono i fattori chiave da valutare prima di investire in questo mercato?
L’arte può essere considerata una forma d’investimento, ma non dovrebbe mai essere l’unico motivo per acquistare un’opera. L’arte va scelta perché ci piace, perché ci emoziona, perché ci dà un dividendo emotivo quotidiano: ogni giorno la guardo, la vivo, e lei non si consuma. A differenza di una bottiglia di Barolo, che una volta bevuta finisce, l’arte resta. Ma se l’unico obiettivo è guadagnare, prima o poi si rimane delusi. È successo anche con il fenomeno degli NFT: chi ha investito solo per speculazione, spesso ha subito perdite.
Sei stato tra i pionieri in Italia nell’integrazione tra arte fisica e digitale, attraverso progetti NFT e phygital. Quali sono, secondo te, le prossime frontiere tecnologiche che ridefiniranno il mercato dell’arte nei prossimi 5-10 anni?
Non sono entrato subito nel mondo degli NFT perché temevo che potesse generare perdite per i clienti. E purtroppo è ciò che è accaduto a molti. Nel marzo 2021 ho pubblicato un piccolo libro, “NFT per spiaggiati”, in cui spiegavo proprio questi rischi. Oggi sviluppiamo progetti digitali che uniscono arte fisica e NFT, in collaborazione con brand e musei. Credo che questo sia, per ora, l’ambiente più adatto per i progetti phygital. Ai clienti finali consiglio ancora un po’ di prudenza. Sul futuro? È una grande incognita. Con l’AI, da tempo si dice che “l’arte è morta”. Ma forse è solo cambiata. Prendiamo la banana di Cattelan: dov’è finita l’arte, in quel gesto? In realtà, non è l’arte a essere morta, ma forse alcune sue esigenze concettuali. Oggi tutti ci chiediamo dove andrà, e una cosa è certa: l’arte esistente manterrà o aumenterà il suo valore, proprio per la sua autenticità.
Visione e adattabilità sono elementi cruciali nella leadership contemporanea. Come si coltivano concretamente queste qualità nel tempo, e in che modo i professionisti possono allenarsi a mantenere una mentalità innovativa in un contesto in rapida trasformazione?
La visione si può avere per natura o si può sviluppare. Io non ho frequentato MBA né scuole di management. Ho semplicemente iniziato a chiedermi ogni giorno: cosa posso fare in più per migliorare i miei KPI? Non per guadagnare di più, ma per il piacere di vedere i numeri cambiare. A un certo punto mi sono voltato indietro e ho scoperto di aver creato un brand. Il mio metodo è stato guardare cosa facessero gli altri – soprattutto in settori diversi dall’arte – e cercare di applicarlo alla mia realtà. Ho costruito mappe mentali, razionalizzato processi, adattato idee. Così è nata la mia forma personale di innovazione. E, alla fine, ha funzionato.